Scrittura

Elogio della metafora

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Tra una chiacchiera e l’altra, vi racconto cosa ho scoperto sulla metafora, amica non solo degli scrittori.

Ciao amici lettori,

come state? Spero che per voi sia un periodo buono, o perlomeno non troppo faticoso. Leggete, scrivete? Ognuna di queste attività migliora la vita; se le praticate entrambe, l’effetto sarà forse silenzioso, ma sempre magico. Avete presente quel senso di smarrimento, di vuoto, che prende chi ama scrivere quando per qualche giorno/settimana non lo fa? Ne parlavamo in privato con Maria Teresa Steri, ma credo che lo conosciamo tutti. Scrivere dà una bellissima dipendenza.

In questi giorni fatico a trovare il tempo per la Nuova Storia; in cambio, quando riesco a scrivere lo faccio con un piacere esplorativo tutto particolare. Acciambellata sulla tastiera come un gatto grasso, me la rido da sola ripensando ai dubbi e alle tensioni di qualche tempo fa. Che questa pace possa durare!

Anche le mie modalità di lavoro sono diverse dal solito. Dopo avere lavorato per mesi sulla scaletta della storia, mi sono resa conto che certi dubbi restavano tali; così ho deciso di iniziare a scrivere tenendoli come mascotte. Siccome non trovavo un incipit accettabile – di solito mi aiuta averne uno, almeno provvisorio – sono partita facendo spiegare ai personaggi perché faticavano a uscire, tanto per farli parlare. È un laido trucco, naturalmente, ma credo ci siano cascati.

Non compilo schede, non seguo metodi. Mentre sono su un capitolo, decido cosa succederà nel successivo. Correggo anche mentre scrivo, a parte i momenti in cui qualcosa preme per uscire. Perdo tempo serenamente a modificare, ribaltare, dividere e combinare, trovare metafore e sinonimi. Mentirei se dicessi che navigo a vista: dopo tante riflessioni e brainstorming, la storia dentro di me c’è, i personaggi anche. Diciamo che ho inserito il pilota automatico per avere le mani libere.

Quello che ho imparato studiando manuali di scrittura creativa lavora in sottofondo, senza occupare i miei pensieri coscienti. Può essere immodesto dirlo, ma mi sento competente, come un artigiano che sente gli strumenti come prolunghe del suo corpo. Questo mi ricorda un vecchio proverbio, secondo me validissimo, del taiji quan, arte marziale che pratico da anni.

Prima impari le regole,
poi applichi le regole,
poi non ci sono più regole.

Ma è ora di arrivare all’argomento vero di questo post.

LA METAFORA

Lo spunto nasce dalla lettura de I libri si prendono cura di noi, di Régine Detambel (sottotitolo: Per una biblioterapia creativa). L’ho trovato in biblioteca – il suo luogo naturale – e subito ha attirato la mia attenzione: un libro che parla di libri non può che essere doppiamente interessante! Del libro, che si è rivelato all’altezza delle mie aspettative, mi ha colpito in particolare la parte relativa alla metafora, appunto.

Probabilmente siete più esperti di me in materia di figure retoriche, ma una breve definizione non può fare male:

La metafora (dal greco metaphérō, «io trasporto») in linguistica è un tropo, ovvero una figura retorica che implica un trasferimento di significato. Si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario creando, così, immagini di forte carica espressiva. Differisce dalla similitudine per l’assenza dei termini usati per esprimere il paragone (“come, sembra, assomiglia”). [fonte Wikipedia, con mia modifica].

In sostanza, se dico che il mare sembra una distesa di carta stagnola (sigh!) sto usando una similitudine, perché è presente il “sembra”; se invece dico che il mare mugola, usando un termine di solito riferito a esseri viventi, ecco fatta la metafora.

La metafora ha fascino, è innegabile… se non abbina il mare e la carta stagnola, naturalmente. Quando è azzeccata, trasmette al lettore un’immagine intensa, capace di esprimere il concetto in maniera fulminea e precisa, più di interi paragrafi di descrizione.

Non sapevo, però, che la metafora avesse anche una funzione terapeutica. La Detambel parte parlando del potere della lettura in generale.

Cos’è un buon libro? Proprio come la psicoterapia, che all’inizio sembra una semplice conversazione faccia a faccia, il buon libro finisce col rimodellare il cervello del paziente con piccoli tocchi di semplici parole. La sua lettura provoca molti sommovimenti, molte risonanze tra le aree del linguaggio e quella parte del lobo temporale che presiede ai ricordi e all’emotività. La serie di immagini fornite dalla risonanza magnetica del cervello di un lettore evidenzia proprio quelle risonanze, e mostra come leggere ci induca a cercare nei nostri ricordi ciò che risuona all’unisono.

E più avanti:

Se “i lettori escono dal libro completamente trasformati”, è per l’effetto di captazione esercitato da una pagina, da un paragrafo, da una singola parola. Questa forza strana è la metafora. Essa soltanto arriva al corpo. Senza di lei, un testo è un pezzo di legno morto.

La Detambel non se ne esce con questa frase a dir poco sorprendente senza motivarla. Nel corso del libro vengono citati numerosi studi, tra cui quello di Jacques Lacan.

In La métaphore du sujet […] Lacan ha così definito la funzione psichica della metafora: “La formula della metafora rende conto della condensazione dell’inconscio”. Per condensazione, Lacan intende la sostituzione di un elemento con un altro che permetta di esprimerne l’aspetto nascosto. […] Il lavoro della condensazione è particolarmente evidente nel sogno, ed è all’opera anche negli atti mancati e nei giochi di parole.

Secondo Lacan soltanto la metafora dà accesso alle emozioni e arriva al corpo. La terapia da lui ideata

utilizza la funzione catartica della metafora in un testo di formazione e di cura che entra in risonanza diretta con parti del pensiero [del paziente] non facilmente accessibili alla coscienza.

Per questo oggi in alcune scuole di terapia mentale, come nella scuola di ipnosi di Milton Erickson, si caldeggia l’impiego di storie in relazione metaforica con la difficoltà del malato che soffre per un trauma psichico (lutto, separazione, stupro) o fisico (incidente, attentato).

Secondo Paul Ricoeur, che nel suo La metafora viva ha studiato la funzione poetica della lingua

la metafora è, più che una semplice figura stilistica, un processo cognitivo originale che ha un proprio valore. Nel testo è lei, in ultima istanza, a “trasfigurare il reale”, ad avere “il potere di ridescrivere la realtà”. […] Leggere un testo significa leggere se stessi […] e la successione delle parole è qualcosa che modella il presente.

Tuttavia non è detto che il lettore privilegi i testi che lo tengono legato alla sua condizione, come avverte Michèle Petit in Elogio della lettura.

Una vicinanza eccessiva, anzi, può rivelarsi inquietante, intrusiva, paralizzante. Qualche lettore troverà le parole capaci di restituirgli il senso della sua esperienza, o di uscirne, in un libro scritto da qualcuno che parla di prove completamente differenti dalle sue, magari lontanissime nel tempo o all’altro capo del mondo. […] Talvolta basta questo per suscitare un movimento nella psiche, per evitare di impazzire dal dolore.

Qui finiscono le (tante) citazioni. Argomento interessante, vero? Si parla di teorie, di approcci terapeutici particolari, che comunque nel tempo stanno dimostrando la loro validità; e forse, pensandoci, possiamo riconoscere anche in noi stessi il tipo di reazione rilevato in questi pazienti, quando leggiamo il libro giusto per noi e per il nostro specifico momento.

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25 commenti

  • Buona lettura

    Wow, sul tuo blog trovo sempre molti post interessanti, molto originali e con un contenuto importante che andrebbero diffuso ovunque. Complimenti!

  • Nadia Banaudi

    La metafora salva moltissimo per evitare lunghe descrizioni, non potevi arrivare in un momento migliore a ricordarmelo, mi sa che il tuo articolo lo leggerò e spulcerò più volte…

    • Grazia

      Bene! A me le metafore piacciono molto, ma mi rendo conto che non è facile elaborarne di non banali e "pulite", nel senso lineari, che non sembrino un pasticcio.

  • Tenar

    La metafora, come la similitudine, è stra le cose che differenzia lo scrittore dallo scribacchino. Credo sia innato saperne fare che funzionino. E cambiano totalmente l'approccio al testo del lettore.

    • Grazia

      Immagino che tu abbia ragione. Non ho mai prestato attenzione alle mie metafore prima di leggere il libro della Detambel. D'ora in poi le terrò d'occhio.

  • PattyOnTheRollercoaster

    Bel post! Argomento molto originale, non credo di aver mai letto un articolo simile prima d'ora
    Ho sempre pensato che la lettura fosse terapeutica ma non credevo che venisse usata in maniera così 'scientifica' (ovviamente non può che farmi piacere).
    Per parlare di metafore, comunque, devo dire che ammiro molto gli autori che riescono a utilizzarle bene. Spesso purtroppo si trovano metafore scontate, utilizzate e viste così tante volte da non essere più nemmeno recepite come tali. Per questo, immagino, apprezzo di più le metafore che mi colgono impreparata, quelle inaspettate, che relazionano due elementi davvero in contrasto e attirano la mia attenzione. Non credo siano facili da trovare, perché riuscire a esprimere in una metafora tutti quei concetti e le sensazioni che si vorrebbero far arrivare al lettore è molto complesso.

    • Grazia

      Nelle sue "Lezioni semiserie", Beppe Severgnini ha detto che dopo Ungaretti e Prévert le foglie hanno smesso ufficialmente di cadere dagli alberi. Era un consiglio agli aspiranti scrittori in cerca di immagini poetiche, in cui si riferiva a "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie". La metafora deve essere fresca, insomma; ma crearla non è così facile.

  • Ferruccio Gianola

    In realtà, benché le usi, non sono un appassionato di metafore e anche di similitudini. Però è anche vero che quando si è immersi per bene nella storia che si sta scrivendo vengono quasi in maniera naturale!
    Il fatto che facciano bene a livello terapeutico non può che fare bene a gli scrittori e speriamo anche a chi legge!

    • Grazia

      È bello pensare che qualcuno può sentirsi meglio – davvero meglio – leggendo una storia. Anch'io ho sempre usato le metafore come mi venivano spontanee, e continuerò a farlo; ma forse adesso presterò loro un briciolo di attenzione in più, se non altro per renderle più belle e meno banali.

  • Maria Teresa Steri

    Molto interessanti le citazioni che hai riportato. Io amo moltissimo le metafore e le similitudini, mi incanta leggerle quando sono ben fatte e ne sono ghiotta quando scrivo (forse troppo? boh). Danno secondo me quel tocco in più che differenzia la narrativa da altri modi di raccontare, come per esempio film e serie tv.
    Sono invece incuriosita dal tuo metodo per far parlare i personaggi, credo che proverò a rubartelo nei momenti di crisi!
    Grazie per la citazione e complimenti per l'intervista/dialogo da Silvia. Ho deciso di leggerla appena avrò terminato la lettura di Cercando Goran, perché non voglio nessuno spoiler

    • Grazia

      Hai ragione, la metafora è squisitamente letteraria, anche se nei dialoghi può sempre avere un suo spazio.
      Sono curiosa di vedere se alla fine terrò le introduzioni da parte dei due protagonisti, oppure le taglierò. Più probabile la seconda.

  • Giulia Lu Mancini

    Delle metafore scritte bene possono fare la differenza in un libro, io mi incanto quando ne trovo alcune che mi entrano nel cuore. Ho letto la tua intervista, bella.

  • Luz

    Bella questa riflessione su una figura retorica che amo.
    Penso che la metafora debba al giorno d'oggi essere relegata all'ambito poetico, perché una scrittura fresca, immediata, richiede un uso sapiente di questo espediente dialettico. Insomma, se la si sa usare realmente, ben venga, altrimenti…
    Ho letto l'intervista da Silvia Algerino, molto interessante!

    • Grazia

      Grazie! A me le metafore piacciono molto anche in narrativa, ma hai ragione sul fatto che debbano essere di qualità, e anche – direi io – in numero non esagerato.

  • Elena Ferro

    Interessante che entrambe si sia alle prese con figure retoriche (tu) p tencihe narrative (io) che hanno come obiettivo una sorta di identificazione tra l'utente della storia e la storia stessa. Molto bella questa dissertazione sulla metafora e la sua differenza con la similitudine, mi ha sopreso scoprire la funzione terapeutica della stessa. E poi mi sono ricordata dell'ipnosi, come tu stessa citi e del suo utilizzo di storie per la guarigione (anche in altre terapie sono fondamentali).

    In questo periodo sto come sai rileggendo un mio testo e dunque leggo meno, ma non sono ferma. E' che mi sono incartocciata su certi saggi di mindfullness e ipnosi da cui non vengo puù fuori
    Comuqnue quando arrivi al non ci sono più regole vuol dire che stai andando alla grande

    • Grazia

      Citavo il detto cinese, ma non è detto che io sia a quel livello; però è vero che mi sento più ricca per avere imparato le regole e più libera che in passato, perciò mi sento bene.

  • Anonimo

    Sai sto leggendo un racconto puntualmente ogni preciso giorno della settimana su un blog, e a dire il vero sono attratta dalla similitudine tra noi e gli animali e sono attratta dal senso metaforico tra la vita umana e quella animale…sembra quasi che le similitudini e le metafore facciano parte di un mondo davvero naturale da cui non può fuggire lo scrittore e nemmeno il lettore!

    A me piace molto il tuo modo di percepire le connessioni perché le disponi in un modo da farle recepire !

    Grazie per l'attenzione e buona serata!

    L.

    • Grazia

      I nessi tra il mondo umano e quello animale non finiscono mai! Grazie delle tue parole, che sono un grande complimento per me, e grazie anche di avere commentato.

  • Cristina M. Cavaliere

    Davvero molto interessante questa carrellata di opere sul valore terapeutico della lettura e della metafora. Essere in grado di inserire metafore nella propria narrativa fa la differenza rispetto a una prosa troppo "spiegata" e, come dici, ti fa evitare il profluvio di "sembra", "pare", "come".
    Mi hai fatto ridere con la frase dove hai fatto parlare i personaggi, e che ci sono cascati! Di recente i miei parlano pure troppo, soprattutto ora che ne ho tanti al femminile con "Le regine di Gerusalemme".

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